venerdì 25 marzo 2011

Variante al Piano Regolatore

Con l’adozione della variante al Piano Regolatore votata mercoledì 23 marzo dalla sola maggioranza consiliare che sostiene Caldarelli e Chiacchiaretta, è in arrivo una colata di cemento di oltre 160 mila metri cubi, su nuove aree edificabili pari all’equivalente di 60 campi da calcio, che si riverserà sul territorio di San Giovanni Teatino per incrementare di altri 2000 abitanti la popolazione residente in una zona in cui sono presenti decine di centri commerciali, fabbriche ed infrastrutture di elevato impatto ambientale. Sembra che si sia perso il senso del limite e quello che fino a qualche anno fa era un paese vivibile, oggi presenta i sintomi dei malesseri di una grande città.

Il piano presentato come risolutore dei problemi legati agli usi delle aree del consorzio industriale è stato ridotto, a poche settimane dalle elezioni, a strumento di distribuzione di edificabilità a “macchia di leopardo”.

Manca una reale strategia di sviluppo del territorio ed il potenziamento della rete infrastrutturale è limitata alla previsione della strada “nuova Teatina” che, collegando Dragonara al bivio di San Silvestro, dovrebbe rappresentare l’alternativa all’asse attrezzato. Ma questa infrastruttura si presenta come un grande bluff, considerando che lo studio di fattibilità della stessa superstrada evidenzia che la maggior parte del traffico veicolare che transita sul raccordo Chieti-Pescara non è diretto a sud ma verso Montesilvano e Pescara centro e le aree su cui essa è localizzata sono classificate, per la maggior parte, a rischio frana ”elevato” e “molto elevato”, rendendola di fatto irrealizzabile.

Una variante al piano regolatore sarebbe necessaria per la riqualificazione del territorio, piuttosto che per la sua indiscriminata crescita edilizia, per risolvere realmente i problemi del traffico e del conseguente inquinamento puntando sull’utilizzo della ferrovia come metropolitana di superficie, per valorizzare le potenzialità dell’aeroporto creando le condizioni per investimenti nel settore terziario avanzato e dei servizi, per tutelare realmente la collina, evitando ulteriori costruzioni e recuperando gli aggregati edilizi esistenti.

Purtroppo l’occasione per un confronto costruttivo tra le forze politiche, i cittadini e le associazioni di categoria è stata persa anche questa volta.

In un momento di crisi la vera ricchezza di una comunità sono le idee, mentre l’amministrazione uscente Caldarelli-Chiacchiaretta ripete sempre e solo lo stesso ritornello: costruire, costruire, costruire.

Raccontano gli anziani che “la pianta che cresce sempre cu lu vente s’arivoteche”.


Sandro Paludi Alessandro Feragalli

domenica 13 marzo 2011

CONSIGLIO COMUNALE PER LA CITTADINANZA ONORARIA A MONS. BRUNO FORTE

INTERVENTO DI SANDRO PALUDI

Sentiamo il dovere di chiedere scusa alle autorità, alle personalità ed a tutti coloro che sono presenti e saranno presenti a questa kermesse, perché oggi non siamo qui, come potrebbe sembrare, per una cerimonia ufficiale del Consiglio Comunale, bensì siamo qui solo ed esclusivamente per dare soddisfazione al bisogno di protagonismo del sindaco Caldarelli, ad assecondarlo ed accompgnarlo nel suo bagno di folla. La ragione vera del suo agire politico.

Non è la prima volta che questo accade e temiamo che purtroppo non sarà neanche l’ultima.

Naturalmente tutto lascerebbe supporre che siamo stati convocati per conferire la cittadinanza onoraria a Sua Eccellenza il Vescovo, che stiamo celebrando l’inizio dei lavori della nuova chiesa, ecc. Ma non è così: siamo quì per dare sfogo al protagonismo del sindaco e perché oggi inizia ufficialmente la sua campagna elettorale per le prossime amministrative.

Per quanto ci riguarda, invece, questo è un ennesimo giorno triste nella storia infinita delle chiese di questa comunità.

Noi continuiamo ad essere convinti che il domino scellerato che ha portato all’abbattimento della vecchia chiesa ed a questa surreale cerimonia per il varo della nuova ce lo potevamo risparmiare. Non vogliamo ripetere cose già abbondantemente dette nel passato, ma vogliamo solo ricordare che uno dei passaggi cruciali di questa vicenda fu il referendum che proponemmo ed al quale la giunta Caldarelli non potè opporsi. Ma, come suo costume, il ns quesito fu stravolto con una furbata del sindaco che svuotò completamente il significato del referendum stesso al quale, per forza di cose, i cittadini non parteciparono se non in misura ridotta e di fatto facendolo fallire nella sua efficacia civile e democratica.

Ma il nostro uomo è avvezzo a questi coupe de theatre, reminiscenze forse della sua nota abilità nel gioco del bridge. Ecco, l’uomo nel suo agire politico e amministrativo è come se giocasse continuamente una partita di carte infinita. Il problema però è che il tavolo da gioco è il nostro paese, il problema è che in questa partita vince solo lui e perdono tutti i cittadini. In prossimità delle campagne elettorali poi, la partita si fa più accanita e l’uomo tira fuori tutta la sua maestria; come non ricordare la vigilia del voto delle amministrative di 5 anni fa, quando calò sul tavolo l’affaire IKEA. Oggi sul tavolo cala la nuova chiesa, ma già da qualche tempo è partita, latente, la campagna elettorale. Qualche settimana fa, ad esempio è stata inaugurata la nuova scuola per l’infanzia di via Ciafarda. Bene, a parte che i lavori dopo l’inaugurazione continuarono tutti i sabati e, forse, anche qualche domenica, ma andate oggi a vedere e non potrete fare a meno di notare che ci sono ancora le recinzioni da cantiere. Forse si poteva aspettare e fare una inaugurazione vera, ma il nostro, evidentemente, aveva fretta. Tutto è mirato non alle opere in sè, che non sono il vero scopo di questa amministrazione, ma alla loro spendibilità sul piano mediatico e cerimoniale; il resto non conta, viene in secondo piano.

Ma, al di là di tutto, tornando alla chiesa vorrei capire che razza di democrazia è quando si comanda invece di governare, quando si impone, invece di condividere. È semplice, non è una democrazia, nella migliore delle ipotesi è populismo. E purtroppo anche a livello nazionale da questo punto di vista non siamo messi meglio. Del resto anche il sindaco in qualche consiglio comunale si è lasciato scappare “la gente mi ha votato e quindi………”. Quindi cosa? Quindi si diventa infallibili? Quindi si diventa l’unico depositario della verità assoluta? Guai a quella società che accetta di essere declassata da cittadini a popolo, guai ad assecondare derive populistiche che sono l’anticamera di svolte autoritarie.

Quindi Signori è meglio che sappiate che questa scelta non è condivisa e, soprattutto, non è il risultato di un confronto democratico aperto e trasparente, bensì frutto di operazioni verticistiche, furbesche ed oligarchiche. Una matassa desolante ed intricata il cui bandolo è ovviamente nelle mani del sindaco.

Noi saremmo onorati di avere Sua Eccellenza come concittadino, ma nostro malgrado ci troviamo costretti ad assentarci dal consiglio per non votare questa proposta e per non avallare l’ennesima trovata del sindaco il cui atteggiamento durante tutta la legislatura è stato di totale chiusura verso qualsiasi parvenza di approccio democratico alla cosa pubblica ed al confronto politico, amministrativo e civile.

In tutte le sedi di confronto, quando questo è stato possibile, noi dell’Unione per San Giovanni Teatino, parafrasando Bertold Brecht, ci siamo sempre trovati costretti a sedere dalla parte del torto visto che gli altri posti erano, sempre, rigorosamente ed arrogantemente occupati.

CONSIGLIO COMUNALE PER LA CITTADINANZA ONORARIA A MONS. BRUNO FORTE

INTERVENTO DI ALESSANDRO FERAGALLI

Nel quotidiano viaggio di attraversamento del sentiero della vita ognuno di noi si sarà posto più di una volta il dubbio sull’opportunità di volgere il suo sguardo sempre in avanti oppure, di tanto in tanto, girarlo a guardare ciò che ormai è rimasto al di là delle proprie spalle.

Il nostro paese si trova di fronte ad un nuovo partire ed in questa occasione ha voluto coinvolgere in una grande festa parrocchiani, cittadini, politici, autorità civili e militari, professionisti, imprenditori, artigiani e commercianti.

Ma seppur felici dell’avvio dei lavori del nuovo tempio dedicato a san Rocco non riusciamo a non volgere lo sguardo indietro e vedere come si è arrivati a questo momento, culminato con la cittadinanza onoraria al vescovo che tanto si è prodigato per la realizzazione dell’opera.

Ero da poco consigliere comunale quando venni a conoscenza che il sindaco stava preparando un viaggio con il parroco don Bonifacio in Svizzera.

Si sarebbero recati allo studio dell’architetto Mario Botta per visionare le prime bozze del progetto della nuova chiesa e della piazza di san Rocco.

Mi trovavo in municipio e salite le scale che portano al primo piano, dopo aver imboccato il corridoio che portava alla stanza del segretario comunale incontrai il sindaco Caldarelli. Lo fermai e su due piedi gli chiesi se fosse possibile partecipare a quel viaggio insieme a Serraiocco, allora rappresentante dell’altro gruppo di opposizione della Case delle Libertà.

Verino senza nemmeno battere ciglio mi rispose che ciò che si sarebbe fatto in quel viaggio non era di mia competenza.

In quel momento iniziai a conoscerne le sue virtù!

Sono quasi quattro anni che questa amministrazione scalpita per consegnare le chiavi di San Giovanni Teatino a mons. Bruno Forte ed è ancora vivo, nella memoria di tutti, noi il consiglio comunale svoltosi nella vecchia chiesa in cui lui stesso disse che sarebbe stato onorato di accettare questo riconoscimento nel momento in cui quella che era un’idea si sarebbe trasformata in una realtà.

Ma oggi la realtà, oltre che dall’avvio dei lavori per chiesa e piazza, è costituita anche da uno stretto legame di ogni parola che verrà pronunciata da noi, dal sindaco, dal vescovo e da tutti quelli che interverranno, con le elezioni che si terranno tra soli due mesi. E l’avvio dei lavori, lo spettacolo che ne è stato costruito e la partecipazioni delle personalità invitate, avranno tutte l’obiettivo di accrescere il consenso popolare del sindaco e della sua squadra, mettendo in mostra solo quello che lui vuol mostrare ma nascondendo quello che queste opere sono costate realmente alla collettività.

Oggi non emergeranno le lacerazioni che il processo che ci ha portato sin qui hanno creato alla comunità.

Non si parlerà della commistione tra religione, politica e mondo degli affari, iniziata nel 1999 quando il parroco per acquistare le aree che oggi sono diventate della chiesa si rivolse alla politica ed agli imprenditori per coprire fidejussioni che poi hanno prodotto, di fatto, l’acquisto di quei terreni da parte degli imprenditori e non della parrocchia.

Rimarranno polvere nascosta sotto il tappeto i 30 appartamenti di edilizia economica e popolare lì previsti e non più realizzati ed i 13000 mc di cemento concessi in più ai costruttori per ottenere gratis il terreno ceduto poi dal comune alla parrocchia e che ora, la stessa amministrazione comunale vorrebbe riespropriare a circa 500 mila euro per realizzarvi sagrato e parcheggi, che contrattualmente il parroco si era preso impegno a realizzare a proprie spese.

Cadrà forse nel dimenticatoio anche l’iniziativa popolare di oltre 200 cittadini residenti nei pressi del campo sportivo che ne chiedevano una sua totale conversione a parco e che invece è stato venduto dal comune, per finanziare con oltre 800 mila euro proprio i lavori della nuova chiesa, al presidente del comitato degli imprenditori “pro erigenda ecclesia”.

Quali sono stati in questi anni i confini tra religione, politica e mondo degli affari?

E cosa c’entra oggi il vescovo con la politica?

Forse nulla, o forse tantissimo.

Nel famoso consiglio comunale in chiesa da arguto uomo di mondo, Bruno Forte ha saputo mediare e ricompattare una classe politica divisa e lacerata dallo spauracchio dell’abbattimento della vecchia chiesa e del suo campanile.

Dietro la promessa estorta al sindaco di avere un referendum popolare che decidesse sulle sorti dell’edificio di culto dismesso si è ritrovata la serenità, smarrita purtroppo da lì a poco, di tutti coloro che fanno politica spassionatamente dedicando il proprio tempo per il migliorare il paese in cui vivono.

Il referendum si è ridotto ad una beffa in cui il popolo doveva decidere quale figlio sarebbe dovuto morire tra quello vivente e malato e quello in arrivo.

Ed il popolo tutto che avrebbe preferito averli entrambi, curando il vecchio ed accogliendo con amore il nuovo, si è trovato a decidere, in minima parte, di voler perdere quello più vecchio, figlio di proletari e bisognoso di cure, a favore di quello che ancora sarebbe dovuto nascere da sempre presentato come “figlio di papà”!

In quei momenti, in cui veniva tradita la promessa data, l’uomo della mediazione, e da oggi concittadino non c’era più.

Mons. Bruno Forte non so se conosce quanto la nuova chiesa sia costata in termini sociali e di affettività ai cittadini di Sambuceto e San Giovanni Teatino.

Nessuno vuole togliere nulla alla chiesa, ma noi dell’Unione non vogliamo togliere risorse nemmeno agli altri cittadini che chiedono da anni piste ciclabili, campi sportivi efficienti, asili completamente ultimati, una nuova sede municipale, un teatro e verde, tanto verde in luogo che sta affogando nel cemento e soffocando nell’inquinamento.

Anche nel concordato tra stato e chiesa del 1929 ci furono 6 senatori che votarono contro alla ratifica dei patti lateranensi stipulati tra Mussolini e la santa Sede, ma Benedetto Croce e gli altri 5 non ebbero paura delle critiche che gli sarebbero piovute da lì a poco da colleghi ed una parte della popolazione, per cui la libera chiesa nel libero stato rappresentava un enunciato di circostanza tradito negli anni da una continua subordinazione della politica al potere dei voti dei cattolici.

Benedetto XVI, con la sua ultima opera sulla vita di Gesù di Nazareth ci ha ricordato che con il suo annuncio Gesù ha realizzato un distacco della dimensione religiosa da quella politica, un distacco che ha cambiato il mondo e che veramente appartiene all’essenza della sua nuova via.

E su quella via noi vogliamo incamminarci, costruendo le scelte del nostro paese non soltanto con la forza del consenso elettorale ma con il confronto, democratico e costante che nutre ed alimenta quella che noi intendiamo come buona amministrazione, cercando di elaborare le scelte che incideranno sul futuro del territorio, ascoltando non solo la voce di architetti e progettisti di fama mondiale, ma anche i sussurri delle emozioni, dei sentimenti e dei ricordi di tutti coloro che vivono quotidianamente questi luoghi.

Mi aspettavo, probabilmente sbagliandomi, di ascoltare la voce potente ed autorevole di Bruno Forte, quando si abbatteva il campanile che anche l’esito del referendum ed il primo progetto Botta avevano salvato al fine di non cancellare l’ultimo segno caratteristico della strada percorsa da questa comunità nel ‘900 ed il simbolo di ogni comune d’Italia.

Se tanto questa nuova chiesa è desiderata dai cittadini e dai credenti, perché non si vedono i comitati dei fedeli che si organizzano per finanziarne la realizzazione, lasciata in mano a gruppi di imprenditori che certamente non faranno mancare il proprio sostegno economico ma che, probabilmente, svuoteranno di significato quello che rappresenta la costruzione di una nuova chiesa: la costruzione di una comunità.

Questa parole non vogliono rappresentare un’irriverenza al nostro vescovo, ma sicuramente un diverso modo di affrontare i problemi e le aspettative ed il governo del nostro paese che, a mio parere, nemmeno Bruno Forte è riuscito a comprendere, tradito dal canto delle Sirene che con le loro melodie ingannevoli hanno “attirato la nave” sugli scogli del potere e del populismo.

"Ora fratelli, come ha scritto san Paolo ai Corinzi, vi esorto ad aver tutti un medesimo parlare e a non aver divisioni tra di voi, ma a stare perfettamente uniti nel medesimo modo di pensare e di sentire”.

lunedì 7 marzo 2011

CITTADINANZA ONORARIA A MONS. BRUNO FORTE

Sabato prossimo, di fatto, inizia la campagna elettorale per le prossime elezioni del 15 maggio.

La cerimonia dell’avvio dei lavori della chiesa di san Rocco, progettata da Mario Botta, appare più uno show che una inaugurazione: manifesti, totem, proiezioni, conferenze, telecamere e flash.

Tutto è stato elaborato per dare visibilità ad un’opera che dovrà risollevare le sorti architettoniche di Sambuceto che comunque rimarrà, dopo la cura Caldarelli, l’unico paese in Italia senza campanile.

Ma a tutto c’è un limite.

Conferire in piena campagna elettorale la cittadinanza onoraria al vescovo Bruno Forte appare un’inutile strumentalizzazione politica, che dividerà nuovamente il paese ed il consiglio comunale convocato per domenica prossima.

Sebbene la costruzione di un nuovo edificio religioso sia un momento solenne ed importante per la comunità, la storia della costruzione della nuova chiesa di san Rocco è stata un processo lacerante per la comunità, di fatto profondamente divisa sull’abbattimento della vecchia chiesa.

La mancanza di azioni popolari per il finanziamento dei lavori, ed il ricorso costante ad imprenditori e finanziatori di lusso, evidenzia un distacco di una parte dei fedeli dal nuovo monumento religioso.

Sambuceto deve ritrovarsi come comunità unita e per questo motivo sarebbe opportuno che il sindaco eviti di “tirare per la giacchetta” uomini di chiesa nel consiglio comunale e quindi nel dibattito politico.

I lavori sono appena iniziati e non sono certi, ad oggi, il finanziamento ed i tempi per il loro completamento. Al termine degli stessi appare evidente che il paese attribuirà a mons. Bruno Forte ed a tutti coloro che si saranno prodigati per la realizzazione della nuova casa di san Rocco il giusto riconoscimento.