domenica 13 marzo 2011

CONSIGLIO COMUNALE PER LA CITTADINANZA ONORARIA A MONS. BRUNO FORTE

INTERVENTO DI ALESSANDRO FERAGALLI

Nel quotidiano viaggio di attraversamento del sentiero della vita ognuno di noi si sarà posto più di una volta il dubbio sull’opportunità di volgere il suo sguardo sempre in avanti oppure, di tanto in tanto, girarlo a guardare ciò che ormai è rimasto al di là delle proprie spalle.

Il nostro paese si trova di fronte ad un nuovo partire ed in questa occasione ha voluto coinvolgere in una grande festa parrocchiani, cittadini, politici, autorità civili e militari, professionisti, imprenditori, artigiani e commercianti.

Ma seppur felici dell’avvio dei lavori del nuovo tempio dedicato a san Rocco non riusciamo a non volgere lo sguardo indietro e vedere come si è arrivati a questo momento, culminato con la cittadinanza onoraria al vescovo che tanto si è prodigato per la realizzazione dell’opera.

Ero da poco consigliere comunale quando venni a conoscenza che il sindaco stava preparando un viaggio con il parroco don Bonifacio in Svizzera.

Si sarebbero recati allo studio dell’architetto Mario Botta per visionare le prime bozze del progetto della nuova chiesa e della piazza di san Rocco.

Mi trovavo in municipio e salite le scale che portano al primo piano, dopo aver imboccato il corridoio che portava alla stanza del segretario comunale incontrai il sindaco Caldarelli. Lo fermai e su due piedi gli chiesi se fosse possibile partecipare a quel viaggio insieme a Serraiocco, allora rappresentante dell’altro gruppo di opposizione della Case delle Libertà.

Verino senza nemmeno battere ciglio mi rispose che ciò che si sarebbe fatto in quel viaggio non era di mia competenza.

In quel momento iniziai a conoscerne le sue virtù!

Sono quasi quattro anni che questa amministrazione scalpita per consegnare le chiavi di San Giovanni Teatino a mons. Bruno Forte ed è ancora vivo, nella memoria di tutti, noi il consiglio comunale svoltosi nella vecchia chiesa in cui lui stesso disse che sarebbe stato onorato di accettare questo riconoscimento nel momento in cui quella che era un’idea si sarebbe trasformata in una realtà.

Ma oggi la realtà, oltre che dall’avvio dei lavori per chiesa e piazza, è costituita anche da uno stretto legame di ogni parola che verrà pronunciata da noi, dal sindaco, dal vescovo e da tutti quelli che interverranno, con le elezioni che si terranno tra soli due mesi. E l’avvio dei lavori, lo spettacolo che ne è stato costruito e la partecipazioni delle personalità invitate, avranno tutte l’obiettivo di accrescere il consenso popolare del sindaco e della sua squadra, mettendo in mostra solo quello che lui vuol mostrare ma nascondendo quello che queste opere sono costate realmente alla collettività.

Oggi non emergeranno le lacerazioni che il processo che ci ha portato sin qui hanno creato alla comunità.

Non si parlerà della commistione tra religione, politica e mondo degli affari, iniziata nel 1999 quando il parroco per acquistare le aree che oggi sono diventate della chiesa si rivolse alla politica ed agli imprenditori per coprire fidejussioni che poi hanno prodotto, di fatto, l’acquisto di quei terreni da parte degli imprenditori e non della parrocchia.

Rimarranno polvere nascosta sotto il tappeto i 30 appartamenti di edilizia economica e popolare lì previsti e non più realizzati ed i 13000 mc di cemento concessi in più ai costruttori per ottenere gratis il terreno ceduto poi dal comune alla parrocchia e che ora, la stessa amministrazione comunale vorrebbe riespropriare a circa 500 mila euro per realizzarvi sagrato e parcheggi, che contrattualmente il parroco si era preso impegno a realizzare a proprie spese.

Cadrà forse nel dimenticatoio anche l’iniziativa popolare di oltre 200 cittadini residenti nei pressi del campo sportivo che ne chiedevano una sua totale conversione a parco e che invece è stato venduto dal comune, per finanziare con oltre 800 mila euro proprio i lavori della nuova chiesa, al presidente del comitato degli imprenditori “pro erigenda ecclesia”.

Quali sono stati in questi anni i confini tra religione, politica e mondo degli affari?

E cosa c’entra oggi il vescovo con la politica?

Forse nulla, o forse tantissimo.

Nel famoso consiglio comunale in chiesa da arguto uomo di mondo, Bruno Forte ha saputo mediare e ricompattare una classe politica divisa e lacerata dallo spauracchio dell’abbattimento della vecchia chiesa e del suo campanile.

Dietro la promessa estorta al sindaco di avere un referendum popolare che decidesse sulle sorti dell’edificio di culto dismesso si è ritrovata la serenità, smarrita purtroppo da lì a poco, di tutti coloro che fanno politica spassionatamente dedicando il proprio tempo per il migliorare il paese in cui vivono.

Il referendum si è ridotto ad una beffa in cui il popolo doveva decidere quale figlio sarebbe dovuto morire tra quello vivente e malato e quello in arrivo.

Ed il popolo tutto che avrebbe preferito averli entrambi, curando il vecchio ed accogliendo con amore il nuovo, si è trovato a decidere, in minima parte, di voler perdere quello più vecchio, figlio di proletari e bisognoso di cure, a favore di quello che ancora sarebbe dovuto nascere da sempre presentato come “figlio di papà”!

In quei momenti, in cui veniva tradita la promessa data, l’uomo della mediazione, e da oggi concittadino non c’era più.

Mons. Bruno Forte non so se conosce quanto la nuova chiesa sia costata in termini sociali e di affettività ai cittadini di Sambuceto e San Giovanni Teatino.

Nessuno vuole togliere nulla alla chiesa, ma noi dell’Unione non vogliamo togliere risorse nemmeno agli altri cittadini che chiedono da anni piste ciclabili, campi sportivi efficienti, asili completamente ultimati, una nuova sede municipale, un teatro e verde, tanto verde in luogo che sta affogando nel cemento e soffocando nell’inquinamento.

Anche nel concordato tra stato e chiesa del 1929 ci furono 6 senatori che votarono contro alla ratifica dei patti lateranensi stipulati tra Mussolini e la santa Sede, ma Benedetto Croce e gli altri 5 non ebbero paura delle critiche che gli sarebbero piovute da lì a poco da colleghi ed una parte della popolazione, per cui la libera chiesa nel libero stato rappresentava un enunciato di circostanza tradito negli anni da una continua subordinazione della politica al potere dei voti dei cattolici.

Benedetto XVI, con la sua ultima opera sulla vita di Gesù di Nazareth ci ha ricordato che con il suo annuncio Gesù ha realizzato un distacco della dimensione religiosa da quella politica, un distacco che ha cambiato il mondo e che veramente appartiene all’essenza della sua nuova via.

E su quella via noi vogliamo incamminarci, costruendo le scelte del nostro paese non soltanto con la forza del consenso elettorale ma con il confronto, democratico e costante che nutre ed alimenta quella che noi intendiamo come buona amministrazione, cercando di elaborare le scelte che incideranno sul futuro del territorio, ascoltando non solo la voce di architetti e progettisti di fama mondiale, ma anche i sussurri delle emozioni, dei sentimenti e dei ricordi di tutti coloro che vivono quotidianamente questi luoghi.

Mi aspettavo, probabilmente sbagliandomi, di ascoltare la voce potente ed autorevole di Bruno Forte, quando si abbatteva il campanile che anche l’esito del referendum ed il primo progetto Botta avevano salvato al fine di non cancellare l’ultimo segno caratteristico della strada percorsa da questa comunità nel ‘900 ed il simbolo di ogni comune d’Italia.

Se tanto questa nuova chiesa è desiderata dai cittadini e dai credenti, perché non si vedono i comitati dei fedeli che si organizzano per finanziarne la realizzazione, lasciata in mano a gruppi di imprenditori che certamente non faranno mancare il proprio sostegno economico ma che, probabilmente, svuoteranno di significato quello che rappresenta la costruzione di una nuova chiesa: la costruzione di una comunità.

Questa parole non vogliono rappresentare un’irriverenza al nostro vescovo, ma sicuramente un diverso modo di affrontare i problemi e le aspettative ed il governo del nostro paese che, a mio parere, nemmeno Bruno Forte è riuscito a comprendere, tradito dal canto delle Sirene che con le loro melodie ingannevoli hanno “attirato la nave” sugli scogli del potere e del populismo.

"Ora fratelli, come ha scritto san Paolo ai Corinzi, vi esorto ad aver tutti un medesimo parlare e a non aver divisioni tra di voi, ma a stare perfettamente uniti nel medesimo modo di pensare e di sentire”.

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